Il futuro dei combustibili risiede nei carburanti puliti
Il petrolio continua ad essere una delle materie prime più importanti nell’economia dei nostri tempi, ma anche una tra le più inquinanti e sicuramente il tempo che impiega per rigenerarsi in natura è notevolmente inferiore rispetto all’uso che ne facciamo. Per questo da tempo si sta cercando un’alternativa ecologica ed economica ad un materiale così prezioso (tanto da regolare l’attuale assetto politico nel mondo). È da questa necessità che nasce l’esigenza dei carburanti sintetici[1], prima fra tutti la plastica.
A differenza dell’ipotesi (già testata e già in commercio) della mobilità elettrica, i carburanti sintetici sfruttano il riutilizzo di materiali che hanno terminato il loro ciclo di vita e di consumo per ottenere carburante
Un’azienda svizzera, la Grt Group, guidata dall’italiano Luca Del Fabbro (già vicepresidente del Circular Economy Network), ha deciso di investire in Italia per la creazione di impianti volti a produrre carburanti dalla plastica[3]. Il procedimento attraverso il quale sarà possibile effettuare la trasformazione è detto pirolisi, un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, che avviene attraverso il calore ma in assenza di ossigeno, evitando quindi la generazione di composti gassosi ossidati.
“È il nostro obiettivo – ha spiegato Dal Fabbro in un’intervista a Repubblica – il prossimo anno costruiremo in Italia impianti poco ingombranti, grandi come un campo da tennis, e a zero emissioni dirette perché utilizzano la pirolisi. In questi impianti entreranno le bottiglie e i sacchetti di cui cerchiamo disperatamente di disfarci e uscirà carburante: 900 litri di combustibile simile al cherosene e al diesel per ogni tonnellata di plastica.
Nonostante l’impegno nelle attività di riciclo, riusciamo a smaltire solo una parte della plastica che differenziamo mentre il suo consumo è aumentato esponenzialmente negli ultimi 50 anni (20 volte per anno)[6].
Grazie all’innovazione e all’investimento della Grt Group, ogni impianto produrrà combustibile al costo di 25 dollari al barile; un terzo rispetto alle attuali quotazioni del petrolio. Il combustibile avrà ovviamente meno impatto sull’ambiente comportando un taglio del 70% delle emissioni di CO2 rispetto ai combustibili fossili. Il carburante sarà compatibile coi motori e con le industrie e avrà il pregio di sfruttare unicamente la plastica dispersa nell’ambiente. L’intento è quello di produrre nuovo valore dai materiali arrivati alla fine del loro ciclo di utilizzo e produrre combustibile utile ai veicoli già in circolazione.
La Grt ha studiato anche una batteria capace di risolvere uno dei problemi persistenti delle energie rinnovabili: immagazzinare energia in modo durevole. Hanno ipotizzato di “stoccare” in maniera stabile, in un liquido, l’energia rinnovabile per poterla poi utilizzare in seguito[7].
I benefici di questa iniziativa sono sicuramente molteplici. Il primo, ecologico, quello di impedire che una grande quantità dei materiali impiegati non venga riversata nell’ambiente. Il secondo, economico, con un notevole abbassamento dei costi del carburante.
L’Italia sembra essere al primo posto nella creazione di questi biocarburanti e le iniziative coinvolgono anche la plastica non riciclabile.
Sarà realizzato in Trentino il primo impianto su larga scala per riconvertire la plastica non riciclabile in carburante. Il progetto Riplaid[8] (Riconversione dei Materiali Plastici in Idrocarburi), sostenuto dalla Provincia Autonoma di Trento, è un’idea di Lifenergy Italia, azienda fondata dalla Firmin che opera da oltre 40 anni nel settore dei prodotti petroliferi in tutto il Trentino Alto Adige, in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler, la società Demont di Savona e del Cinsa e il Consorzio Universitario Ambientale di Parma. L’obiettivo è comunque il medesimo, produrre carburanti puliti che si adattino ai motori già esistenti o che possano essere utilizzati negli attuali impianti industriali. Il carburante sarà poi commercializzato nella rete di distributori della Firmin
Ancora, un team di chimici dell’Università Purdue degli Stati Uniti ha messo a punto un processo per scindere un’ampia parte della plastica in composti utili quali nafta, idrocarburi liquidi e altri solventi. Per farlo hanno lavorato sulle poliolefine (polimeri) che costituiscono il 25% dei materiali in plastica e sono riusciti a recuperarne il 90% trasformandolo in carburanti puliti[10].
Nuove idee e nuove tecnologie, quindi, per recuperare quella plastica che sta sommergendo il nostro pianeta, di cui l’80% finisce negli oceani. E nel momento in cui giunge nei nostri mari, non può essere completamente recuperata.
[1] Luca Secondino, Benzina dalla plastica riciclata: da una tonnellata 900 litri di carburante, Money.it, 14 luglio 2018.
[3] Giandomenico Serrao, Produrre carburante dalla plastica può rappresentare una svolta epocale, Energia e sostenibilità, 19 luglio 2018.
[6] Luca Secondino, Benzina dalla plastica riciclata: da una tonnellata 900 litri di carburante, Money.it, 14 luglio 2018.
[7] Giandomenico Serrao, Produrre carburante dalla plastica può rappresentare una svolta epocale, Energia e sostenibilità, 19 luglio 2018.
[8] Carburante dalla plastica: si può fare, Circular Economy Network, 25 gennaio 2019.
[10] Viola Rita, Plastica, una nuova tecnica per trasformarla in carburanti puliti, Wired.it, 15 febbraio 2019.