2704 Marco Sperandio Articoli
1 luglio, 2019

Trattare la Forsu per generare biogas: l’economia circolare riparte da qui

La frazione organica del rifiuto solido urbano, tecnicamente denominata Forsu, è un materiale preziosissimo da trasformare in energia e nuova materia prima sotto forma di biogas (e ora anche biometano) attraverso l’utilizzo di impianti e strutture in continua innovazione, che ne ottimizzano sempre più tempi e spazi garantendone al contempo un buon livello di ecosostenibilità.

Un esempio lo fornisce il Gruppo Palmieri, che durante l’edizione 2018 di Ecomondo (uno tra i più importanti appuntamenti fieristici su green & circular economy) ha presentato l’impianto Pass che “unisce tre impianti in uno. Può trattare 10 tonnellate l'ora per la produzione di 1 MW di energia recuperando i rifiuti industriali o della Gdo”, come ha spiegato Stefano Palmieri, uno dei titolari del Gruppo attivo dal 1972 nei settori dell’ingegneria civile. Alimentato mediante i dispositivi di carico, Pass accoglie i rifiuti nel suo modulo di pre-triturazione per trattarli specificatamente mediante un trituratore lento in grado di separarli. In seguito alla separazione dei materiali vengono espulsi i corpi ferrosi attraverso un modulo di deferrizzazione e così, alla fine, si separano ulteriormente i rifiuti solidi e tutto ciò che ne rimane viene ridotto ad una poltiglia organica destinata, attraverso un’immissione nei biodigestori, ad essere trasformata in biogas[1].

Sono infatti i maggiori enti di ricerca pubblica italiana come il CNR, ENEA e RSE a confermare come, da un punto di vista ambientale ed energetico, il processo di digestione anaerobica integrato al compostaggio rappresenta oggi la migliore soluzione che si può adottare per la gestione e il trattamento della Forsu.

Prendendo come esempio il nuovo impianto di Legnano che sorgerà prossimamente sul territorio veneto, si renderà possibile ogni anno la trasformazione di 40.000 tonnellate di materiale organico in 12.400 tonnellate di verde, in 3,85 milioni di m3 di biometano (equivalenti a 3.280 tonnellate di petrolio), oltre che 23.400 tonnellate di compost[2]. Questo impianto, inserito perfettamente in un’ottica di rispetto e di fedeltà alle nuove direttive europee incentrate sull’economia circolare e sul tema del recupero, si propone come una soluzione in grado di chiudere il ciclo dei rifiuti organici mediante la loro trasformazione in energia rinnovabile e in fertilizzante naturale, contribuendo al contempo alla riduzione dei volumi da destinare allo smaltimento in discarica e delle emissioni di gas a effetto serra, oltre che dei flussi di percolato da avviare a depurazione. Tutto ciò è reso possibile grazie all’adozione di adeguate e innovative soluzioni tecnologie e impiantistiche che, fino dalla fase di progettazione, si propongono di scongiurare i possibili impatti negativi in termini di traffico veicolare e di emissioni odorigene. La stessa struttura, collocata al di fuori del tessuto urbano consolidato nel rispetto del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti per quanto concerne le distanze minime da rispettare, si pone anche come un elemento capace di ridurre notevolmente il suo impatto visivo così da essere armonizzato con il paesaggio circostante.

Per quanto riguarda il suo futuro utilizzo, invece, sarà Asja Ambiente Italia Spa, aggiudicatasi la gara pubblica imbandita da AMGA Legnano Spa, ad assicurare lo smaltimento della Forsu per 68 euro/tonnellata e conseguentemente a generare una diminuzione del costo del servizio per amministrazioni e cittadinanza di circa il 20%[3].

Sembra quindi che la creazione di nuovi impianti e siti di trattamento dei rifiuti non si muova in controtendenza rispetto ai dettami del nuovo sistema di economia circolare, ma che anzi si prefiguri come un utile e prezioso strumento per recuperare materia laddove veniva in precedenza scartata e sprecata.

Questa consapevolezza è già stata raggiunta in molte zone d’Italia, come ad esempio in Toscana dove la frazione organica dei rifiuti urbani è arrivata a rappresentare il 40% della raccolta differenziata e registra volumi annui pari a 500 mila tonnellate. Ecco quindi che Albe, società di Alia Spa e Belvedere Spa, ha pronto un investimento per 30 milioni di euro a Peccioli per la creazione, proprio all’interno del polo impiantistico di Belvedere, di un nuovo impianto in grado di gestire un flusso annuo di 105.000 tonnellate di rifiuti, 90.000 delle quali categorizzate come Forsu, capaci di rendere compost pari a 20.000 tonnellate e 7.500.000 Smc di biometano ogni anno. Tale impianto sarà poi in grado valorizzare il biogas della discarica di Peccioli e quindi di provvedere ad una sua autonomia energetica, in più “attraverso la digestione anaerobica della Forsu e del verde e del successivo compostaggio in biocelle saranno prodotti ammendanti e fertilizzanti per l’agricoltura, oltre a biometano per autotrazione che sarà immesso nella rete di distribuzione ed alimenterà un distributore di metano da realizzare in loco”. Il trattamento di questo impianto per i rifiuti sarà affidato alla tecnologia Plug-flow, corrispondente nella ricezione e apertura dei sacchi contenenti rifiuti organici e verde, nel vaglio e nel trattamento preventivo utile alla rimozione delle frazioni estranee, nel sottoporre il materiale alla digestione anaerobica attraverso un reattore a flusso a pistone attraverso il quale, in condizioni termofile, si arriverà alla produzione di digestato e biogas. Infine, mediante l’upgrading, quest’ultimo verrà separato in biometano e CO2 mentre il digestato subirà la trasformazione in compost nelle biocelle e quindi destinato al settore agricolo[4].

È quanto già accade a Sarmato, in provincia di Piacenza, dove Sebigas Srl e Maserati Energia Srl hanno predisposto un impianto alimentato grazie alla raccolta di Forsu e in grado di generare 5.000.000 Sm3 di biometano ogni anno, lavorando il 93% del totale dei materiali in entrata (ad eccezione di plastiche e metalli). Qui la struttura si compone di un nucleo di 5 reattori (una prevasca, tre digestori e un post-digestore) all’interno del quale prende vita il processo di digestione anaerobica a umido che porta fino al biogas. Questo, in seguito al passaggio nell’apposito sistema di upgrading, subisce la separazione tra la CO2 e il metano fino al raggiungimento degli enormi volumi sopracitati. “Siamo estremamente orgogliosi di questo progetto che non solo dimostra la nostra profonda conoscenza del mercato e delle sue dinamiche, ma soprattutto conferma la nostra piena fiducia nell’utilizzo della Forsu come risorsa per la generazione di energia elettrica e metano”, è stata la considerazione di Marco Bonvini, General Manager Sebigas.

La trasformazione dei rifiuti organici raccolti per circa 600.000 abitanti in un anno consente la generazione di un volume di gas equivalente a più di 180.000 rifornimenti automobilistici, per una percorrenza indicativa di più di 54.000.000 di kilometri (più o meno 90.000 viaggi in auto da Milano a Roma ogni anno). “La realizzazione di questo impianto rappresenta per noi un passaggio molto importante verso il futuro, in quanto l’Azienda si arricchisce di un sistema all’avanguardia, tra i primi in Italia, che completa e potenzia il processo di trasformazione della sostanza organica nel quale l’Azienda ha creduto fin dalla sua nascita”, ha aggiunto l’Arch. Paolo Maserati. “Questo è anche un modo per valorizzare le competenze tecniche di Maserati che si sono sviluppate nel corso degli anni[5].