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28 settembre, 2018

Un'errata gestione territoriale del Sistema dei Rifiuti: il caso siciliano

Da parecchio tempo, ormai, stiamo assistendo ad un braccio di ferro tra Comuni, Regione Sicilia e le organizzazioni aziendali intente a trovare un comune accordo per la problematica, e fino ad ora disastrosa, gestione dei rifiuti.

Questo è dovuto purtroppo a un'assenza netta di programmazione, che sarebbe dovuta essere già da tempo calcolata per prevenire tutto quello che si è verificato e per impedire di arrivare nei mesi estivi, solitamente i peggiori per quanto riguarda la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, impreparati e senza un vero e proprio piano.

Tutto ciò ha portato l'intera situazione regionale a essere sottoposta ad un vero e proprio commissariamento, che ha finito per decretare che dal 1 ottobre 2018 ai Comuni siciliani sarà concesso di trasportare in discarica soltanto il 70% dei rifiuti generati durante lo stesso periodo dell’anno precedente. Se nel mentre saranno stati in grado di portare la raccolta differenziata almeno al 30%, allora per loro non cambierà nulla. Ma in caso non vi riuscissero, il rifiuto eccedente quel 70%, sarà spedito fuori dalla Sicilia.

I Comuni che non differenziano almeno per il 30% hanno possibilità fino al prossimo 31 luglio per presentare alla Regione il contratto sottoscritto con una delle quattro aziende che hanno risposto alla manifestazione d’interesse, la siracusana Tech Servizi, la catanese Sicula Trasporti, la Vincenzo D'Angelo S.r.l, di Alcamo, e la Pa Service S.r.l, di Bolzano[1].

"È evidente infatti - si legge nella nota trasmessa ai Comuni dal dirigente del dipartimento Acque e Rifiuti, Salvo Cocina - che la presenza di amministrazioni comunali non in grado di smaltire, con la raccolta differenziata o con il trasporto fuori Regione, almeno il 30 per cento del rifiuto totale prodotto, espone la comunità all’intollerabile rischio di grave danno per l’igiene e la sanità pubblica e impone conseguentemente all’amministrazione regionale di dichiarare la decadenza degli organi e di commissariare gli enti che avessero causato tale grave pericolo".

Anche perché parallelamente a questi disagi dovuti ad una mancanza di programmazione e di lungimiranza da parte delle Istituzioni assistiamo ad un progressivo aumento della tassa che i contribuenti elargiscono per far fronte a questa gestione, la Tari.

Come rileva Confcommercio, infatti, nel 2017 la Tari è arrivata complessivamente in tutto il territorio nazionale a 9,3 miliardi di euro, registrando un incremento che supera il 70% negli ultimi sette anni, il tutto a fronte di una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti. Lo stesso membro di Giunta delegata all'Ambiente per Confcommercio Patrizia Di Dio ammette che “i dati dell'Osservatorio sono la conferma di quanto le nostre imprese siano penalizzate da costi dei servizi pubblici che continuano a crescere in modo ingiustificato. Bisogna, dunque, applicare con più rigore il criterio dei fabbisogni e dei costi standard nel quadro di un maggiore coordinamento tra i vari livelli di governo, ma soprattutto è sempre più urgente una profonda revisione dell'intero sistema che rispetti il principio europeo 'chi inquina paga' e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni. In due parole, meno costi e meno burocrazia per liberare le imprese dal peso delle inefficienze locali di gestione"[2].

In tutto ciò è intervenuto il Presidente della Regione Nello Musumeci a prorogare il termine fino a dicembre, aprendo al contempo ad un'esportazione dei rifiuti verso attori del settore di altre Regioni.

L'obiettivo, però, è quello di dotare la Sicilia di nuovi impianti in regola e trasparenti, in grado presumibilmente di arrivare a gestire l'intero flusso di rifiuti dell'isola e mettere fine, quindi, a quella che sembra un'emergenza senza via d'uscita.

E' quindi evidente che, piuttosto che continuare a trovare soluzioni temporanee per arginare un problema obiettivamente strutturale, per la Regione Sicilia dovrebbe risultare molto più propedeutico il sedersi al tavolo assieme ai Comuni e alle realtà imprenditoriali accertate e virtuose, per stabilire un piano di intervento che si candidi ad essere duraturo, efficiente, e soprattutto conveniente sia da un punto di vista economico che ecologico.

Marco Sperandio